Pillole di grafologia

“L’uomo che scrive disegna inconsapevolmente la sua natura interiore; la scrittura cosciente è un disegno incosciente; lo scrivente con la sua scrittura fa il proprio autoritratto” Max Pulver

Tutti i gesti di un essere vivente sono significativi del suo essere, compreso il gesto di scrivere.

Esso cristallizza nel filo grafico posato sul foglio gli impulsi del sistema nervoso di chi traccia il segno, impulsi che originano nel cervello, proprio dove  hanno origine le emozioni, dove sono registrate le esperienze, dove vivono le aspirazioni.

I segni, deposti come un codice convenzionale, dapprima imitati, si animano di noi sempre di più, via via che aumenta la pratica della scrittura: il filo grafico si stende, si accorcia va avanti e ritorna, si arrotola. ingloba il bianco e lo ritaglia, secondo un’impronta personale.

Così, senza rendersene conto, chi scrive  proietta nell’ambiente esterno, attraverso il segno, il suo proprio spazio interiore e la scrittura diventa un materiale vivo ed inimitabile, espressione e rappresentazione di sé.

La scrittura è un vero giacimento di simboli e la grafologia studia il segno e ne interpreta la simbologia

Questa rubrica si propone di introdurre il lettore curioso agli elementi i principali della scrittura che parlano al grafologo, secondo il metodo grafologico francese.

Come si guarda una scrittura perché ci riveli qualcosa della personalità di chi scrive?

Molti pensano che l’interpretazione si basi essenzialmente sulla conformazione delle lettere.

In realtà, non è così, ed il primo sforzo da fare è cambiare prospettiva di osservazione.

Prendiamo spunto dalle opere di Escher: in esse è esaltata la reciprocità del bianco e del nero: non sappiamo chi dei due determini l’altro, ma entrambi completano e rendono rilevante l’intero spazio dell’opera, in una scambievolezza  perfetta ed interamente significativa.

 

Così, nello studiare una scrittura, l’osservazione deve riguardare non solo il nero, ma anche come il nero ritaglia e determina lo spazio bianco del foglio.

Quando ci è stato insegnato a scrivere, abbiamo appreso la conformazione delle lettere e l’impostazione corretta della pagina.

Nulla sullo lo spazio tra lettera e lettera, riga e riga, piuttosto libero rimane lo spazio da riservare ai margini: questi spazi rimangono personali e sfuggono al controllo conscio dello scrivente.

 

Nella simbologia grafologica, pertanto, non solo il nero, cioè il tracciato, ma anche  il bianco, cioè lo spazio non scritto riveste un profondo significato simbolico.

Simbolismo del campo grafico – L’interpretazione dei margini  (Max Pulver, Berna 1889-1953  da Il simbolismo della scrittura, 1953)

Max Pulver era un uomo di grande cultura; nacque a Berna alla fine dell’ottocento e prima di orientare i suoi interessi verso la grafologia e la psicologia, pubblicò numerose opere letterarie e filosofiche.

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